Tilar J. Mazzeo La ragazza dei fiori di vetro

33982743Erano ormai migliaia i nomi scritti su sottili cartine da sigaretta. Una lista di oltre 2.000 nomi di bambini ebrei con accanto le identità false che li avrebbero salvati. Da quando i nazisti avevano creato il ghetto di Varsavia, Irena aveva convinto i loro genitori ad affidarglieli per nasconderli presso famiglie cattoliche o conventi in tutta la città e la campagna. A guerra finita l’archivio, come lo chiamava lei, sarebbe servito a restituire ai bambini la loro identità. Pochissime persone erano al corrente dell’esistenza di quelle liste, erano informazioni troppo pericolose da condividere.
Il giorno in cui viene prelevata e condotta al quartier generale della Gestapo di Varsavia, Irena è terrorizzata. Nell’autunno del 1943, nella Polonia occupata dai nazisti, e forse in tutta Europa, non esisteva un posto più spaventoso di quello. Tutti sapevano cosa succedeva là dentro, e lei pregava di farcela a reggere alla tortura, di non tradire nessuno. Molte vite dipendevano da lei. I suoi compagni della rete clandestina, il suo amato Adam, anch’egli nella resistenza, tutti i polacchi che offrivano il loro aiuto. E soprattutto i bambini. Solo lei poteva decifrare quegli elenchi e se le fosse successo qualcosa, tutto sarebbe andato perduto. 
Mentre l’auto si avvicinava alla sua lugubre destinazione, Irena pensava che doveva farcela, l’aveva promesso a quei genitori che erano saliti sui treni per Treblinka con l’unico sollievo di aver messo in salvo i loro figli. Ancora non sapeva che solo quell’esercito di bambini indifesi e nascosti poteva salvarla.

Storie come questa servono prima di tutto alla coscienza: perchè sono esistite, ed ancora oggi esistono, anime coraggiose e forti che in tempi orrendamente bui sono luce e speranza. Questa non è solo la storia di Irena che ha rischiato la sua vita per salvare bambini ebrei dal ghetto, è anche la storia di quelli che hanno fatto parte della sua rete e l’hanno aiutata. È la storia di quella vicina di casa che prestò del sapone ad Irena (aveva visto che in quella casa erano entrati bambini ebrei); o di quell’autista del tram che senza dire niente ha prestato soccorso ad una cellula di Irena per proteggere un bambino…..

Di quel periodo a Varsavia una scena mi ha profondamente colpito più delle altre: quando durante l’insurrezione del ghetto di Varsavia gli ebrei riuscirono ad esporre lo striscione “aiutaci fratello stiamo combattendo anche per te”, in risposta ottennero solo silenzio …..
I polacchi di Varsavia che a loro volta poi diventarono vittime perchè i tedeschi avevano deciso di cancellare Varsavia.
Il buio totale, però come scrivo sopra ci sono stato tante piccole luci, Irena in primis.

A leggerla la crudeltà di quel periodo mi si spezza il cuore (il dottore che non abbandona i suoi bambini sul treno per Treblinka….. Ancora mi salgano e lacrime)
Ogni volta poi che leggo questo tipo di storie, storie vere e realmente accadute, inevitabilmente mi ritrovo sempre a chiedermi: “ma io sarei capace di essere così forte? Di essere una luce in mezzo al buio? Di rischiare?”
Mi piace pensare che si lo sarei, ma sono cosciente che invece molto probabilmente no.

Altra cosa che mi ha colpito di quel periodo è che mi sembra così attuale. Allora gli antisemiti giravano le strade a caccia dell’ebreo da picchiare e vessare, oggi c’è chi si affaccia dal balcone e spara a caso sui neri…
Questo scatena tutta una serie di riflessioni e domande nella mia testa, quella più importante è: possibile che siamo così ciechi da non vedere il ripetersi della storia? (cambiano i nomi e i tempi sono a colori invece che in bianco e nero, ma la zuppa quella è ….)
Mi sarebbe piaciuto conoscere Irena di quel periodo, una dona così forte e coraggiosa fino all’incoscienza, mi sarebbe piaciuto toccare con mano le sue imperfezioni, sono sicurissima che l’avrei amata moltissimo.
Ho pensato di raccontare questo libro in una foto, ed ovviamente la prima idea che ho avuto è stata quella di andare a comprare cartine di sigarette. Però anche un camice da dottore:

Nachum Remba ……. Accompagnato da Ala, in veste di capo infermiera, si presentò ai soldati spacciandosi per il responsabile medico del ghetto.

Non era vero ma così facendo salvarono moltissime vite.
Assolutamente da leggere, e non solo per non dimenticare….

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