Ellen Block Parole sulla sabbia

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Abigail Harker abbandona il suo amato lavoro di lessicografa per diventare custode di un vecchio faro su un’isola sperduta al largo della costa del North Carolina. Arrivata a Chapel Isle fuori stagione, Abigail immagina di trovarvi pace e solitudine e di poter esplorare con tranquillità l’isola che suo marito aveva amato da bambino. Ma le cose vanno diversamente. Il pittoresco faro in realtà è un edificio diroccato e inquietante che custodisce un misterioso passato. E, d’altra parte, Abigail è perseguitata dal suo di passato, anche se, lentamente, riesce a intessere legami sorprendenti con le persone del luogo e a stabilire un rapporto con il proprio dolore che le permetterà di trovare un nuovo equilibrio.
Parole sulla sabbia racconta con grazia uno dei più grandi misteri della vita: la forza che nasce per farci superare una perdita devastante, attraverso il potere delle parole e la loro capacità di guarire, di trasformare, di toccare il cuore.

Prima di iniziare a scrivere un qualsivoglia pensiero voglio scusarmi con questo libro, perchè il primo pensiero che ho avuto non appena letto l’ultimo rigo è stato “si meritava di essere letto bene e non così alla spensierata. Meritava più attenzione da parte mia!”

Quello che mi è piaciuto tanto di questa storia è …la normalità e la quotidianità! Abby, una volta Abigail, si rifugia al faro di Chapel Isle per sfuggire all’immenso dolore del suo lutto, suo marito e suo figlio sono rimasti uccisi in un incendio. E pagina dopo pagina si legge la difficoltà di lei a fare i conti con quello che rimane di se stessa. Abby si deve ri-scoprire, deve imparare a ri-conoscersi. Abby che della sua vita precedente mantiene la caratteristica di snocciolare verbi in latino tutte le volte che ha bisogno di calmarsi, di sentirsi coraggiosa.

Il faro è diroccato, abbandonato e in un certo senso è in totale simbiosi con Abby, che decidendo di ristrutturarlo pian piano ristruttura se stessa. E così fare pulizie, ritinteggiare le pareti, dare la malta al pavimento del bagno, persino parlare da sola (o con un fantasma), con l’unica compagnia di una radio, rende perfettamente l’idea di quello che di se stessa è rimasto!
E poi ci sono gli isolani, con la loro logica ed il loro carattere temprato dalla dura vita dell’isola. Appena arrivata Abby si sentirà spaesata, non accettata ma …Merle, Ruth, Danny, Bert, Nat, lo sceriffo … ognuno lascia una traccia, un insegnamento, ognuno contribuirà ad aiutarla nell’imparare che si può andare avanti

Cosa faccio adesso? Cosa viene dopo il dopo?»
«Vuoi che ti dica qual è il segreto?»
«C’è un segreto? Che segreto?»
«Sicura di volerlo sentire?»
«Sì, certo. Qual è?»
«Le scarpe.»
«Puoi ripetere?»
«Le scarpe.»
Si sedette per spiegarglielo e la piccola barca ondeggiò allo spostarsi del peso. «Ogni mattina mi svegliavo e detestavo sapere di essere sveglio. Me ne stavo nel letto per ore, cercando di riaddormentarmi. Ci misi settimane a scendere dal letto. Mi ci volle ancora di più per cominciare a vestirmi. Per un po’, non riuscii a fare nient’altro. Ma sapevo che se alla fine fossi riuscito a mettermi un paio di scarpe, ce l’avrei fatta. Non accadde subito. Erano nell’armadio. Chiuse. Poi, un giorno, tirai fuori un paio di mocassini, li misi e me ne uscii. Riuscii ad arrivare solo alla veranda. Fin lì e basta. Non sono stato capace di andare più lontano, per un po’. Col tempo, diventò più facile. Bisognava solo che mettessi le scarpe ai piedi.»
«Merle, io ho già le scarpe ai piedi. E non mi sento meglio. »
«Il punto è, Abby, che ce le hai su.»

Secondo il gioco di @anncleire pleaseanotherbook.tumblr.com  Il particolare da non dimenticare:  la stanza della lanterna!

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